E nella vita giuro che proverò sempre a disegnare una pecora. Giuro che lo farò mille volte ancora, disegnando sempre una casetta e immaginando che sia proprio lì, al suo interno, essenziale ed invisibile agli occhi. E se nessuno capirà, allora cercherò il mio Piccolo Principe nel deserto, senza mai stancarmi. E se tu dovessi avere la fortuna di incontrarlo ancora, per favore non lasciarmi triste, scrivimi che è tornato!
“…Guardate attentamente questo paesaggio per essere sicuri di riconoscerlo se un giorno farete un viaggio in Africa, nel deserto. E se vi capita di passare di la, non vi affrettate, fermatevi un momento sotto le stelle! E se allora un bambino vi viene incontro, se ride, se ha i capelli d’oro, se non risponde quando lo si interroga, voi indovinerete certo chi è. Ebbene, siate gentili! Non lasciatemi cosi triste: scrivetemi subito che è ritornato…”.
Estratto da: Le Petit Prince – ( Antoine de Saint-Exupéry – Lione, 29 giugno 1900 )
“…Quando finalmente potei parlare gli domandai: “Ma che cosa fai qui?”
Come tutta risposta, egli ripeté lentamente come si trattasse di cosa di molta importanza: “Per piacere, disegnami una pecora! “
Quando un mistero è cosi sovraccarico, non si osa disubbidire. Per assurdo che mi sembrasse, a mille miglia da ogni abitazione umana, e in pericolo di morte, tirai fuori dalla tasca un foglietto di carta e la penna stilografica. Ma poi ricordai che i miei studi si erano concentrati sulla geografia, sulla storia, sull’aritmetica e sulla grammatica e gli dissi, con un po’ di malumore, che non sapevo disegnare.
Mi rispose: “Non importa. Disegnami una pecora! “.
Non avevo mai disegnato una pecora e allora feci per lui uno di quei due disegni che avevo fatto tante volte: quello del boa dal di fuori;
e fui sorpreso di sentirmi rispondere:”No, no, no! Non voglio l’elefante dentro al boa. Il boa è molto pericoloso e l’elefante molto ingombrante. Dove vivo io tutto e molto piccolo. Ho bisogno di una pecora: disegnami una pecora”.
Feci il disegno.
Lo guardo attentamente, e poi disse: “No! Questa pecora e malaticcia. Fammene un’altra”.
Feci un altro disegno.
Il mio amico mi sorrise gentilmente, con indulgenza. “Lo puoi vedere da te”, disse, “che questa non è una pecora. E’ un ariete. Ha le corna”. Rifeci il disegno una terza volta, ma fu rifiutato come i tre precedenti. “Questa è troppo vecchia. Voglio una pecora che possa vivere a lungo”.
Questa volta la mia pazienza era esaurita, avevo fretta di rimettere a posto il mio motore. Buttai giù un quarto disegno. E tirai fuori questa spiegazione: “Questa è soltanto la sua cassetta. La pecora che volevi sta dentro”.
Fui molto sorpreso di vedere il viso del mio piccolo giudice illuminarsi:
“Questo è proprio quello che volevo. Pensi che questa pecora dovrà avere una gran quantità d’erba?”
“Perché?”
“Perché dove vivo io, tutto e molto piccolo!”
“Ci sarà certamente abbastanza erba per lei, è molto piccola la pecora che ti ho dato”.
Si chinò sul disegno:
“Non così piccola che – oh guarda! – si è messa a dormire…”
“E fu cosi che feci la conoscenza del piccolo principe.